ORGOGLIO GORIZIANO, QUATTRO INCONTRI IN SALA DORA BASSI

UNA DOSE DI VERITA'? IL VOSTRO PUSHER E’ GOPOLIS

15.10.2015 17:21

L’abbiamo detto e lo ripetiamo, senza timore di smentita: gopolis non parla a vanvera e sul turismo culturale vi dimostra oggi e nei prossimi giorni come la pochezza della classe politica, gli irrefrenabili odi ideologici, culturali, addirittura etnico-linguistici, possano far fallire letteralmente una città. Perché la vicenda del Museo di Santa Chiara è metafora ed emblema del fallimento di una città. Cominciamo a pubblicare su www.gopolis.it una lettera che l’allora arcivescovo Padre Bommarco indirizzava al sindaco Gaetano Valenti. E’ sintomatica per capire come stava nascendo e crescendo  un progetto culturale importante di portata europea.

Sarà interessante capire – per il futuro – chi, tra il 2002 e il 2007 in nome di una retorica bolsa e sterile - l’ha distrutto, nello stesso modo con cui, come un piccolo Goebbels,  ha sistematicamente distrutto – sì DISTRUTTO-  preziosi libri sul periodo asburgico a Gorizia, che oggi si replicano in una mostra importante curata da Marino de Grassi e da Marina Bressan,  che si aprirà il 18 ottobre proprio nel Museo di Santa Chiara: come vedete a Gorizia prende forma concreta la teoria nicciana dell’Eterno ritorno. Porteremo alla luce anche i particolari di questa vicenda, corredata dagli studi di storici goriziani giovani e meno giovani per dare vita a una progetto di vastissima portata, che aveva uno scopo, per il grande Bommarco,  molto semplice: portare fuori dalla polvere i tesori della nostra povera e amatissima città

  Partiamo da un dato: se turismo e cultura, parole con le quali quasi tutti gli intervistati hanno fatto abbondanti gargarismi  nelle interviste de Il Piccolo fossero qualcosa di più di evocazioni di ectoplasmi, qualcuno avrebbe indicato una via, una strada, ovvia, un’ideuzza su cui il caporedattore avrebbe potuto ispirarsi per un titolo accattivante. Invece, nulla. I bravi colleghi de Il Piccolo le hanno tentato tutto per spremere le rape ( alcune in particolare) , senza cavarne neppure un goccia di sangue.

 Ma lo sforzo, come ha sottolineato Cattaruzza,  ha conseguito un risultato, lo stesso che chi scrive  enunciò, con enorme scandalo dei malpensanti goriziani nel settembre del 1994: BISOGNA RIPARTIRE DA ZERO. A quel tempo avevano fatto già abbondantemente il loro tempo alcune manifestazioni goriziane la cui fama da oltre vent’anni non oltrepassa l’Isonzo a ovest  e il Timavo a Sud. Il caporedattore de Il Piccolo di Gorizia, a dir la verità si richiama almeno alla speranza di una maggiore integrazione tra Gorizia e Nova Gorica, con cui alcuni hanno ripreso la visione di Darko Bratina e della sua cerchia, ovvero quella di dare vita a una città unica tra le due gorizie. Solo che per raggiungere questo obiettivo le attività economiche, il commercio, l’industria e i servizi dovrebbero avere la stessa base di partenza riguardo a tasse balzelli e ostacoli burocratici. Figuriamoci.  Chiedete lumi in merito ai ristoratori goriziani.  

E allora? Allora resta un discorso serio e difficile, per questo inviso a gran parte della “classe dirigente” goriziana : puntare sulla cultura, legata al turismo, significa mettere da parte stupidi campanilismi, gare tra le tante parrocchiette su cui continua dividersi Gorizia. Significa dare alla cultura e al turismo la stessa importanza dell’ormai inesistente industria goriziana, fare una scelta per il futuro. Significa investire risorse e soprattutto capire e conoscere quali sono le ricchezze “inalienabili” che appartengono di diritto a Gorizia e che possono comunque fare da volano anche al turismo culturale regionale.

Il discorso l’avrete capito, passa per la gestione dei nostri tesori anche attraverso lo strumento da noi poco amato delle Uti. Passa attraverso l’affermazione di una nuova identità politica di Gorizia rispetto alle lobbies udinesi e triestine, potenti sì, assolutamente e sgradevolmente querule, ma oggi in mano a pallidi replicanti di coloro che furono i padri costituenti della nostra Regione.  

Antonio Devetag