ORGOGLIO GORIZIANO, QUATTRO INCONTRI IN SALA DORA BASSI

XIII SECOLO, L'ASCESA

XIII secolo: L'ASCESA

 

Dal 1200 l’importanza dei Conti di Gorizia nell’ambito dell’Impero comincia a crescere in modo significativo. I Conti di Gorizia cercano di consolidare il loro possesso ereditario, continuando a mettersi in buona luce nei confronti dell’Imperatore. Nel 1210 la città ottiene la concessione imperiale di tenere il mercato una volta all’anno, per sette giorni, in occasione della ricorrenza di San Giovanni Battista.

 

Era questo un provvedimento che riconosceva alla città un acquisito e importante ruolo commerciale rispetto alle zone circostanti. Per l’aiuto negato al re Riccardo Cuor di Leone il conte Mainardo II (1158-1231) era stato definito  “noster fidelis”(fedele vassallo) dall’imperatore Enrico VI. Sempre a Mainardo II era stato concesso il grande privilegio di battere moneta. Già il conte Enghelberto II (1132-1191) aveva accompagnato l’imperatore Corrado III in Terra Santa e aveva partecipato alla venuta in Italia dell’imperatore Federico  Barbarossa.

L'UNIONE TRA GORIZIA E IL TIROLO

Pur essendo occupati principalmente nelle contese con i loro vicini, e in particolare con il Patriarcato di Aquileia, i Conti di Gorizia  iniziarono con Mainardo III (1221-1258) a partecipare attivamente alla vita pubblica dell’Impero, per poi diventare una delle più potenti famiglie, sotto il governo di Mainardo IV (1258-1295), intimo amico dell’imperatore Rodolfo d’Asburgo, alla cui elezione aveva contribuito. Negli stessi decenni, i Conti cominciarono la loro espansione verso l’Istria. I primi possedimenti nella penisola si accrebbero dopo il matrimoni odi Enghelberto III  con Matilde di Pisino, che portò in dote una vasta zona dell’Istria interna. I Conti diventarono anche avvocati delle diocesi di Pola e di Parenzo. Agli inizi nel Trecento, le contee, i domini e i diritti dei Goriziani si estendevano dalla valle superiore della Drava, e dalle valli del Moll e del Gail, fino alla fascia carnica e giuliana, nella valle dell’Isonzo, per allargarsi nelle pianure di Gorizia e del Vipacco, oltre Trieste e addentrandosi in Istria fino alla punta di Pola.

 

Proprio i conflitti con il Patriarcato portarono all’unione alcune stirpi che avrebbero determinato il destino comune dei Paesi alpini: ai Goriziani si affiancarono così i Tirolesi, visto che la situazione politica lungo il corso dell’Adige era molto simile al contesto friulano. Anche per questa obiettiva comunanza di interessi, si realizzò la prima unione matrimoniale fra Tirolesi e Goriziani, con le nozze di Mainardo III e Adelaide, nel 1253, si consolida e si compie la fusione fra le Contee di Gorizia e del Tirolo. Mainardo III di Gorizia è anche Mainardo I del Tirolo Da questo momento, l’asse principale degli interessi del casato goriziano si sposta verso i nuovi possedimenti austriaci: la cittadina di Lienz diventa una sorta di secondo capoluogo della Contea. I Conti di Gorizia risiedono spesso nel castello di Bruck (nella foto qui sotto), ancora oggi ottimamente conservato e il cui aspetto richiama probabilmente quello originario del castello di Gorizia.

 

 Dopo aver ricevuto, per assegnazione imperiale, l’affidamento della Carniola, i Conti  volsero il loro sguardo verso le indebolite terre carinziane, che proprio in quegli anni si trovavano fronteggiare le potenze emergenti, come Salisburgo, Bamberga e Ortenburg.Nel 1252 l’alleanza Gorizia-Tirolo si misurò con il casato degli Spanheim, che dominava nel tredicesimo secolo in Carniola. Il tentativo naufragò clamorosamente, con la fuga di Mainardo III e l’imprigionamento del vecchio conte Alberto del Tirolo. Le trattative di pace imposero pesanti condizioni agli sconfitti, costretti a lasciare in ostaggio i figli di Mainardo III, Mainardo e Alberto.

LA PRIGIONIA SALISBURGHESE

Il castello di Bruck a Lienz

I giovani Conti restarono a lungo isolati a causa della loro prigionia salisburghese, senza alcun legame con le terre del ramo paterno. Finchè, nel febbraio del 1259, nel palazzo vescovile di Trento, il vescovo Egno d’Appiano trasferì solennemente l’avvocazia e i privilegi della chiesa tridentina al conte Mainardo II del Tirolo (che era riuscito a evadere dalla prigionia  salisburghese, corrompendo un custode) e all’assente fratello Alberto II di Gorizia. La lunga prigionia influì sensibilmente sul carattere dei giovani Conti, e in particolare su quello di Mainardo, il quale avversò sempre le istituzioni ecclesiastiche . Non fu da meno il fratello Alberto II, che nel 1267 fece prigioniero il patriarca Gregorio e lo espose al ludibrio del popolo. 

Nel 1259 Mainardo sposò Elisabetta di Baviera ( nell'immagine) di dieci anni più anziana di lui, consorte in prime nozze del re romano-germanico Corrado IV. Il Conte divenne così il patrigno dell’imperatore Corradino, nato dal precedente matrimonio di Elisabetta, e lo sostenne nelle spedizioni italiane, fino alla sconfitta contro Carlo d’Angiò, che Corradino pagò con la morte.Con la divisione ufficiale dei possedimenti tirolesi e goriziani, nel 1271, il conte Alberto di Gorizia-Tirolo si trovò a esercitare il suo dominio in un territorio molto variegato, che dalla Pusteria, attraverso l’odierno Tirolo orientale e la Carinzia superiore (Contea “anteriore”con capitale Lienz), giungeva al versante meridionale delle Alpi, fino all’Istria. Un territorio vasto, ma non omogeneo. Ostacolata dal Patriarcato di Aquileia, Gorizia aveva difficoltà a crescere d’importanza quanto avrebbero voluto i Conti.

 TOLMEZZO E SACILE DIVENTANO GORIZIANE

Fra Duecento e Trecento, comunque, la  Contea di Gorizia consolida l’autorità e il potere acquisito in Friuli e in Istria: già nel 1295 a Mainardo del Tirolo, fratello del conte Alberto II, era stata ceduta la città di Venzone, punto nodale del Friuli settentrionale; nello stesso anno, Alberto s’impadronì, con un colpo di mano, delle città istriane di Albona, Fianona e Pinguente, occupando all’improvviso anche Tolmino. I Conti  arrivarono a consolidare in Friuli la loro egemonia approfittando delle continue faide fra feudatari friulani e Patriarcato, Alberto prima, e poi il figlio Enrico II riuscirono a diventare i veri signori della regione, estendendo il loro dominio su Tolmezzo, Sacile (preda ambitissima, in età medievale), Caneva, Tricesimo e altre terre, oltre che su Tolmino, nell’alta valle dell’Isonzo, e su Monfalcone.Da questo momento i Conti imposero propri ufficiali all’interno delle gerarchie patriarcali. Persino Gemona aprì le porte ai Goriziani, mentre il Patriarcato, a stento, riuscì a conservare sotto il proprio dominio la città di Udine. 

GORIZIA SI ESPANDE IN ISTRIA

Intanto, anche in Istria il Patriarcato perdeva terreno, cedendo città dopo città alla nascente potenza di Venezia, che sapeva assoggettare le popolazioni più con la pressione economica e con l’autogoverno comunale, che con la forza delle armi. Parenzo nel 1267, Umago nel 1269, Cittanova nel 1270, Capodistria nel 1279 aprirono a Venezia i loro porti e le loro mura. Nel 1283 lo stesso pericolo fu corso anche da Trieste.In questo frangente, però, si verificò un episodio “storico”: Goriziani e Tirolesi fecero fronte comune con le truppe patriarcali e inviarono un corpo armato che liberò Trieste dall’assedio veneziano. Con la loro flotta i Triestini contrattaccarono Venezia spingendosi fino a Caorle e a Malamocco, che furono saccheggiate. Negli anni successivi, però, i Veneziani reagirono e costrinsero Trieste alla resa.

 

 

TREVISO, 20 GIUGNO 1319

"L'INGRESSO DEL CONTE DI GORIZIA ASSOMIGLIO' A UN TRIONFO"

Al suo ingresso solenne in città era stabilito il vigesimo giorno di giugno,nel quale tutti i trivigiani, giovini e vecchi, giubilando gli uscirono incontro per gran tratto di cammino. procedevano il Vicario del podestà, gli anziani, i consoli, dietro ai quali portvansi il vessillo di santa Croce e le altre bandiere del Comune con tutta la milizia. un numero immenso di popolo gridando viva il Signor Nostro veniva in folla dietro di loro. L'ingresso del Conte assomigliò a un trionfo. Erano con lui Ugone di Duino, il conte federico di Schiavonia con molte bande di soldatesche e molti altri nobili e baroni. Era Enrico uno dei principi più riguardevoli  per saggezza, per sapore e per valore che in què tempi vivessero. ll Re Federico amavalo estremamente; il patriarca di Aquileja lo temeva, e tutti i più grandi Signori della provincia lo onoravano e lo servivano. Dolce affabile, compiacente si acquistò fin dai primi istanti la stima de' grandi la venerazione il rispetto de' piccoli.  

Giambattista Verci, Storia della marca trevigiana

 

 

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