ORGOGLIO GORIZIANO, QUATTRO INCONTRI IN SALA DORA BASSI

CESARE DEVETAG, ABOUT

A.DEVETAG, DAMIANI, FORTUNA, MILIC, ZIGAINA

          

 INTRODUZIONE,DI ANTONIO DEVETAG (TESTO DEL 2004)

 

 I colori dell'individualismo e la forma liberata.  Cesare  Devetag è un pittore “politicamente scorretto”; difficilmente riconducibile a schemi prefissati, a un certo onanismo ripetitivo che affligge buona parte dell'arte contemporanea. E' individualista, nobilmente anarchico, possiede le doti dell'ironia e del sarcasmo dissacratore e semmai, il suo limite generazionale è quello di un incrollabile fede nell'Uomo e nelle sue possibilità di riscatto. Il coraggio di rinnovarsi è segno di intelligenza e di autentica ispirazione artistica .Non legarsi a moduli precostituiti significa disperdere banali certezze; provare nuovi stili prova che siamo davanti a un vero artista. Cesare Devetag ha spaziato dalla tempera all'olio, dall'acquarello alla gouache, senza smettere mai di esprimere il suo mondo. Dice bene Licio Damiani quando  riconosce la vena originale dell'artista isontino, pur riconoscendone influenze e derivazioni,oppurequando inquadra  l'impulso, in fondo ottimistico, a esprimere la vita nei colori e nelle forme più varie, in un milieu più francese (Dufy o Matisse, ma noi aggiungiamo anche, per vitalistico trasporto e libertà intellettuale, un Picasso e un Chagall), che mitteleuropeo.

Ma è lo stesso Devetag a riaffermare con orgoglio la sua appartenenza  e la sua formazione all'ambiente isontino, del resto ricchissimo di formidabili artisti, seppur spesso poco conosciuti in campo nazionale. Le esperienze di Spazzapan, Cenisi in, Altieri (e altri non escluso Music) molto spesso la vicinanza e il contatto, le discussioni ne hanno segnato il cammino artistico. La cultura di Cesare Devetag è profonda e indubitabile, profondamente umanistica, grande il suo potere di sintesi di vari stilemi in un unicum personalissimo che accompagna tutto il suo vissuto. Una cultura che conosce molto bene la storia dell'arte: si notano archetipi rinascimentali in alcune Maternità o in prospettive che nella loro profondità vogliono aprire uno spiraglio nel mondo delle idee. Idee quasi sempre segnate, talvolta addirittura costrette dall'ottimismo della volontà e da un irrinunciabile amore per la vita.  Di qui l'uso assolutamente personale del colore con accostamenti imprevedibili eppure sempre segnati da uno “stile”e da un “gusto”che lo individua.

Cesare Devetag, classe 1917, ha conosciuto guerra e morte, come chiunque  abbia traversato il “secolo breve”, ma contrappone alle tenebre il chiarore dell'amore e dell'erotismo, l'impulso solare verso la gioia e l'appagamento dei sensi. Ciò non cancella riflessioni più profonde e malinconiche di fronte al dolore, del tutto inedite, in quanto spogliate dal senso di colpa cattolico. Contengono invece  un rassegnato stupore pagano (o meglio classico), di fronte alla Fine delle cose. E il “demone meridiano”, folgorazione dechirichiana che separa  Novecento da Ottocento, appare qua e la  nei suoi quadri, come in alcuni paesaggi  in cui le cose perdono il loro nome, la loro sostanza intelleggibile per assurgere  ad “assoluto” metafisico. La storia e la sensibilità del Novecento si snodano nelle tele di Devetag in una consapevolezza che va al di là della semplice rappresentazione. Colori e forme, e i temi più banali del comune repertorio pittorico mostrano il desiderio di  riscatto. Se insomma la vitalità  e la gioia sono il dato più evidente ed essenziale di Devetag, come i saggi qui contenuti ben sottolineano ,si intuisce sempre, a ben guardare, l'altro lato della medaglia, l'altro demone, quello oscuro, che ci scruta inquietante anche da dietro le spalle dei suoi tanti vitalissimi nudi.

a.devetag

 

DAMIANI: LE MATRICI CULTURALI DI UNA PITTURA ORIGINALISSIMA

Nel secondo volume su “Arte del Novecento in Friuli - Mito e razionalismo”, definitivo la pittura di Cesare Devetag una pittura d'istinto, non ingenua né primitiva, derivante invece, da una somma di suggestioni e di notizie culturali. Un giudizio che si conferma in questa breve incisiva antologia di un artista che crea per il piacere di creare.

Il fatto che Cesare Devetag sia professionalmente impegnato in campi molto diversi dalla pittura non fa di questa un facile e occasionale momento evasivo, uno sfogo sentimentalistico.

C'è una costante artistica in tutta l'opera di Devetag, ed essa ne conferma, con lo spirito di ricerca, la dignità e il valore. Il linguaggio con il suo risentito grafismo, svolazzante e turbinoso, sostenuto dal caldo empito del colore, ora sontuosamente “fluorescente”, ora tenuto su tonalità fredde, algide, lunari, richiama, per certi aspetti, le eccitate stenografie di Spazzapan  e quindi partecipa dei succhi più vitali della cultura figurativa isontina, di cui  lo stesso Devetag è attento e appassionato cultore e collezionista; ma con un'accettazione ironica, solare senza tensioni drammatiche, bensì dominata da una sorta di scettico distacco e insieme di vivace curiosità che ne garantisce la forte caratterizzazione autonoma.

Proprio attraverso la mediazione di Spazzapan, Devetag finisce per approdare ad altri e più lontani lidi: l'espressionismo soprattutto, è più alla versione “fauve” dei francesi, cromaticamente sostenuta da una vitalità verace, che non a quella turbata, dolente, ossessiva dei tedeschi. Insomma, le accensioni di un Derain, gli ariosi e  fragranti arabeschi , le gioiose svirgolature post-impressioniste di un Dufy prevalgono sulle angosciate “sgradevolezze” di un Kirchner, sul devastante malessere di uno Schiele .Devetag è portato a travalicare la realtà nel sogno e nella fantasia .Ed ecco ,allora,anche l'incontro suadente con le favole chagalliane ,fattesi  leggere nei viluppi di uccelli in nidi violetti, divenute forme vaghe e umbratili, misteriose ed evocative.

L'acquarello e la tempera allegeriscono l'impianto pittorico svolto lungo i salienti di una trama segnica tutta guizzi, balenii, arricciature.C'è anche in Devetag, una rilettura acuta e personale e personale di stilemi “art-noveau” e secessionisti, anticipatrice, in epoche non sospette, di quel ritorno d'attenzione verso le fioriture neo-liberty.Una pittura, dunque alimentantasi a ricche sorgenti, intellettualmente consapevole e, nello stesso tempo profondamente originale, per la capacità dell'artista di portare  a sintesi suggestioni ed echi e di accordarli al proprio temperamento, trasformando tutto in impetuosa immediatezza del gesto.Le sensazioni del reale - siano esse un volto di donna un nudo femminile campito su accenni di scenografie urbane, un paesaggio marittimo di Positano, un mazzo di fiori alpini - si trasformano in una sorta di celebrazione incandescente del vedere che non perde mai la dolcezza del proprio melodioso fluire.

 

PIERO FORTUNA: L'ARTE DI DEVETAG E IL GRANDE GIOCO VITALISTICO

Appartengo, le confesso alla schiera di coloro i quali invidiano i pittori. Questo sentimento non mi appare riprovevole. Ad ogni buon conto lo prova anche un artista come Fellini”Invidio i pittori”, scrive infatti il celebre regista.” Carta, matite e tubetti di colore permettono loro di affermarsi in ogni circostanza. Per loro ci sarà sempre una mela verde sul tavolo, una valle alla fine di una passeggiata, e luce  finché avranno la forza di aprire gli occhi”. Dunque la mia invidia è ben motivata ed inoltre ha avvalli autorevoli. Che poi essa si riverberi anche su Cesare Devetag, mi riempie di piacere. Devetag ha un modo di essere uomo e pittore che ha stimolato  in me nel tempo, curiosità, rispetto e ammirazione.

Ora vorrei uscire da questo avvio (apparentemente) scherzoso, perché  la personalità  di Devetag, giunta a una maturazione completa deve indurre a riflessioni più mediate. Devetag ha fatto della pittura un elemento alternativo, un processo di ricambio psicologico, uno stimolo ad uscire dal convenzionale. Da quel tanto di convenzionale al  quale un avvocato deve soggiacere  nell'esercizio della professione. (Ma non solo l'avvocato. Anche il medico, l'ingegnere, l'impiegato di concetto il giornalista ). Devetag, inoltre, è stato un politico. Il suo curriculum anche in questo campo è più che rispettabile; ha fatto parte del Comitato di Liberazione negli anni in cui il destino di Gorizia, la sua città, era drammaticamente in gioco; in seguito ha avuto approcci ragguardevoli con i ruoli molteplici del pubblico amministratore .Consigliere comunale, vicesindaco, consigliere e assessore regionale.

Molta prosa, anche se di fattura eccellente. Ma anche molta poesia, questa nascosta nel suo atelier di pittore dove è riuscito a ritagliarsi i momenti più estatici e sinceri, di un'esistenza tumultuosa trascorsa nel segno dell'impegno civile e qualche volta  nell'eccesso. Tele, colori pennelli, sono gli strumenti di una passione che non ha mai attinto alle banalità del passatempo. Non un “pittore della domenica”. Ma un pittore tout court, senza alibi e scappatoie dialettiche. Quale sia la sua grammatica  non spetta a me stabilirla. Qui ne dà  conto  Licio  Damiani,critico e uomo di lettere di assoluta attendibilità. Ma per quanto riguarda posso dire che nei quadri di Cesare Devetag ho sempre riscontrato la misura precisa  del suo essere uomo. La delicatezza del segno, la sensibilità del colore, un insieme di soavità, di forza e di determinazione che non cessano di commuovermi.

Il gusto della vita. Ecco, nella pittura di Devetag si coglie acutamente il  gusto della vita. Una pittura chiara, sciolta. Mi viene in mente anche l'aggettivo leale. Qualcuno potrà chiedersi che cosa c'entra la lealtà con la pittura. A mio avviso c'entra benissimo.Nell'arte di Devetag si intravede (io intravedo) chiaramente una profonda onestà intellettuale.Dunque la sua lealtà verso una forma di espressione che si presta sovente ad ambiguità stilistiche e di contenuti. Lui rifiuta ogni ambiguità. Si consegna così com'è al giudizio della critica, che anche per questo lo ripaga con la stima.

 

 Piero Fortuna

 

CARLO MILIC: UNA TESTIMONIANZA AUTENTICAMENTE PERSONALE

  Cesare Devetag giunge dunque a Trieste  con un carniere folto di umanità e di poetiche intuizioni :la sua pittura segue un gesto largo e dinamico che trova saturazione in composizioni ricche di fermenti e di emozioni.É il lavoro compiuto  da un artista ,  che sa  spogliarsi al momento giusto delle sue cure quotidiane per apparire intatto fautore di una proposta espressiva .che sa cogliere da tipologie diverse i motivi più sentiti per realizzare una testimonianza autenticamente personale .

La  matrice è senz'altro di memoria figurativa ,ma nel travaglio espresso si dissolve  progressivamente quel fraseggio coercitivo ,che limita la libertà di definizione :la risultanza ultima infatti  é  manifestante  nucleo di una proiezione intesa di un mondo di immagini che sono a un tempo sintesi attiva e identificazione di uno stato mistico e remoto  , al quale appartiene la natura migliore dell'uomo.

Carlo Milic

 

ZIGAINA: UNA BRAVURA ESIBITA SENZA COMPLESSI

 Mi accorgo solo adesso ,  scrivendo di lui che Cesare Devetag  , che conosco da molti  anni e che incontro sempre con molta simpatia  ,  riconduce a una  doppia immagine : il pittore  e il politico .Anche a tentare di sovrapporle , queste immagini ,  dopo un po' , riprendono la loro  autonomia ,sorridente realtà.Ci vuole caparbietà e  anche una oscura incapacità a decidersi per portare avanti questi due discorsi .Così antipatici  l'uno all'altro. Lo confessa lo stesso Devetag , con i suoi occhi trasparenti

(clamorosamente impropri in un politico impegnato ).”Un artista”-egli dice-”per modesto che sia  , è prima di tutto un uomo libero nel senso più lato della parola :è solitamente anticonformista , contrario alla routine , al padrone , al sistema”  .La mitezza e , appunto ,  la sorridente e vera  “signorilità” del Devetag  gli hanno forse impedito di fare,  negli anni entusiasmanti  del primo dopoguerra , la scelta”sventata della pittura”. In quegli anni la vita artistica -culturale di Gorizia era quanto più struggente uno possa  ricordare : il  paterno ,fanatico amore per gli artisti dei primi sindaci illuminati  ,  la squattrinata amicizia tra pittori  udinesi e  goriziani, consolidata nella scoperta del tocai ,  oltre che nelle  mostre  a Palazzo Attems ( il museo  che resta nella memoria  come la cucina nieviana piena di ombre misteriose  e di incredibili personaggi notturni) la rustica bohéme...

Ma il Devetag di quegli anni non lo ricordo .  Eppure già nel  1942  aveva esposto con  Malni ,Cesini, Giannandrea ,la Orzani . Probabilmente , con gli studi del diritto , si sarà    iniziato in lui lo sdoppiamento...Certo che da come dipinge ,Cesare  Devetag  (la cui naturalità  di pittore è evidentissima)  se non ha trascurato   la sua attività di politico ,  ha portato avanti senza incertezze (come appunto una sua seconda  natura) la sua giovanile  passione.  Senza incertezze e -sono sue  parole – con “una tremenda  fretta  di realizzare certe idee  “. Per cui anche se  il modo di riassumere figure e personaggi  - oltre che confermare la sua “confessione”  - può far pensare a una bravura  esibita  senza  complessi,  essa è certamente inscritta in una certa  pittura   isontina di cui Spazzapan  può essere stato il capostipite.  Ed è  commovente  cogliere  la sua furente  ,  insaziabile  voglia di dipingere tutto ciò  che vede ..“Voglio esprimere “- dice  ancora il Devetag - “la gioia  che la vita può dare agli uomini sol che sappiano  vivere  ed   aprezzare  tutto quel che  l' universo ci elargisce “ .E' innocenza questa? O un fiato residuo di quella eterna saggezza? Oppure una delle due “immagini” costituisce comunque per lui,”innocente”,una riserva di identità?

Giuseppe Zigaina

 
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