ORGOGLIO GORIZIANO, QUATTRO INCONTRI IN SALA DORA BASSI

 

 XI° E XII° SECOLO, LE ORIGINI

 
 Gorizia viene citata ufficialmente per la prima volta il 28 aprile del 1001; in un documento in cui l’imperatore Ottone III dona il castello di Salcano (Sylicanum, in latino) e la “villa”, chiamata “Goritia”(dalla dizione slava “gorica”, cioè “montagnola”) per metà al Patriarca di Aquileia, e per l’altra metà al conte del Friuli Guariento della casata degli Eppenstein. Il territorio dei Conti di Gorizia alla prima donazione era all'incirca, secondo lo storico friulano Mor quello indicato nella cartina qui sotto.

Una doppia attribuzione, questa, che fu sempre causa di attrito tra Gorizia e Aquileia. Il termine “villa” fa dedurre che all’epoca sul colle non sorgesse ancora un castello. Anche se per molti storici è molto probabile che sul colle, già in epoca longobarda, ci fossero fortificazioni (forse una torre di avvistamento), è opinione diffusa che un maniero vero e proprio fu edificato a partire dal XII secolo. Gorizia si affaccia alla storia “ufficiale” e documentata dopo un secolo tragico, caratterizzato dalle crudeli invasioni degli Ungari che oltre a depredare il Friuli, lo impoverirono a tal punto da scardinare qualsiasi traccia di ordine costituito. A ciò si aggiungevano le inquietudini spirituali di un millennio che stava per finire sotto i più sinistri auspici sintetizzati dalla paura della fine del mondo: “Mille e non più mille”. “Dopo cinque decenni di devastazioni - narra lo storico friulano Mor - la Marca (friulana) si presentava come un ammasso di rovine, in una landa desolata e spopolata”.

 Nel 955 l’imperatore Ottone I sconfisse definitivamente gli Ungari in una grande battaglia nei pressi di Augusta, in Baviera. Si pose allora il problema della sicurezza del territorio della Marca e della sua rinascita.L’imperatore Ottone I cominciò il cosiddetto “incastellamento” del Friuli: gli imperatori germanici provvidero a un riordino amministrativo di tutta la zona affidando le varie ville e territori a loro fedeli vassalli che, ubbidendo alle direttive imperiali, eressero numerose fortificazioni, destinate a diventare le centinaia di castelli che abbelliscono ancora oggi il Friuli-Venezia Giulia. (nella cartina quia fianco il territorio primgenio della Contea di Gorizia secondo il Mor).

ORIGINI MISTERIOSE

Le origini della dinastia dei Conti di Gorizia non sono del tutto chiare. Il possesso dell’area goriziana restò nelle mani del casato degli Eppenstein finché questa dinastia fu chiamata a governare il ducato carinziano (nel 1090), e quindi si estinse tra il 1122 e il 1125. Attraverso una intricata linea di successione ,al dominio della Contea subentrò  allora una stirpe  che aveva già acquisito  numerosi possedimenti a Millstatt  dove aveva fondato la celebre Abbazia. I Conti di Gorizia sarebbero quindi discendenti diretti dei conti della Val Pusteria e Lurngau, pur essendo imparentati con la famiglia bavarese degli Ariboni: alle origini della casata dovrebbero essere  Liutgarda e il Conte Aribo (Nell'immagine il conte Aribo -a dx- con la moglie Liutgarda in una bassorilievo conservato a Milstatt), fondatore del  convento di Millstatt, sul quale i conti esercitarono sin dalle origini la loro avvocazia ereditaria. Essi ebbero due figli: Enghelberto e quel Meginhard – o Mainardo – che risulta citato anche in un documento aquileiese del 1064, quale “Meginardhus de Guriza”. Porprio per la frequena del nome Mainardo, la dinastia dei conti di Gorizia venne definita “Mainardina”.

CONTEA E PATRIARCATO 

La storia della Contea di Gorizia è indissolubilmente legata alla contrapposizione con il Patriarcato di Aquileia, del quale i Conti erano gli avvocati. I Patriarchi, dominando il Friuli, rappresentavano un ostacolo alle mire espansionistiche dei Conti verso la pianura padana. Guerre, battaglie, assalti, congiure costellarono, spesso cruentamente, la storia del Medioevo friulano. E’ un fatto incontestabile che i Conti goriziani mostrarono spesso un comportamento spregiudicato, dettato a volte dalle difficoltà di trovare spazio vitale tra entità amministrative più omogenee e anche da una oggettiva difficoltà di ricomporre unitariamente un territorio molto esteso, come si può rilevare da tutte le carte geopolitiche  ricostruite dagli storici .Unificare e collegare vastissimi territori entro confini definiti fu la costante, con alterne fortune, della politica dei Conti di Gorizia. Uno dei momenti più drammatici della contesa tra Conti e Patriarchi si era registrato nel 1150, quando il conte Enghelberto II, accusato dal patriarca Pellegrino di ruberie, fece prigioniero il principe della Chiesa: all’epoca il fatto destò immenso scandalo e scalpore. Intervennero i signori della Stiria e del Tirolo, che liberarono il Patriarca e imposero al goriziano un duro compromesso, senza però riuscire a privarlo interamente della avvocazia su Aquileia. 

Ne seguì un periodo di continui scontri tra Goriziani e Patriarchini. Nel quadro di questi conflitti, il 21 gennaio 1202, in una chiesetta presso Cormòns, i cui resti, accuratamemnte restaurati, sono oggi ancora  visibili, fu stipulato il Trattato di San Quirino, che sancì ufficialmente il riconoscimento ai Mainardini del pieno possesso dell’area goriziana, con tutte le annesse proprietà. Con lo stesso trattato, il Patriarcato di Aquileia otteneva la giurisdizione fra l’Isonzo, Monfalcone e il mare, mentre ai Conti spettavano, oltre il territorio di Gorizia, vari altri castelli, fra cui Cormòns, Arispergo, Barbana e Tomaj. Il Trattato di San Quirino non pose però fine alle contese fra Contea di Gorizia e Patriarcato, ma ne compromise ancor di più i rapporti poiché aveva riconosciuto  ufficialmente l’esistenza del feudo goriziano. I Goriziani si adoperarono allora a completare i loro possedimenti sparsi e a unificarli in domini ben limitati. Li consolidarono con l’edificazione di castelli, separando concretamente il territorio di Gorizia dal Patriarcato.

 

 

 

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