ORGOGLIO GORIZIANO, QUATTRO INCONTRI IN SALA DORA BASSI

ITINERARIO EBRAICO

GLI EBREI NELLA VITA DELLA CITTA'  DI ANTONELLA GALLAROTTI

Gli ebrei hanno da sempre fatto parte della vita di Gorizia. La loro presenza in città è storicamente accertata fin dal XIII secolo. La loro condizione era analoga a quella degli ebrei delle altre località dell'impero asburgico, fra editti di espulsione, autorizzazione a gestire banchi di pegno e privilegi accordati agli Hofjuden (ebrei di corte). Il 24 marzo 1696 l'imperatore Leopoldo I ordinò l’istituzione del ghetto di Gorizia, che entrò in funzione nel maggio 1698. I rapporti di lavoro e d'affari fra ebrei e cristiani però non si interruppero: la filatura della seta nel ghetto impiegava molti operai, sia ebrei che cristiani. La fama di studiosi e letterati ebrei goriziani fece sì che la città venisse conosciuta con il nome di “piccola Gerusalemme sull’Isonzo”.

Nel 1781 l'imperatore Giuseppe II emanò la cosiddetta “patente di tolleranza”, che vietava ogni discriminazione basata su motivi religiosi in tutto il territorio dell'Impero, ribadita nel 1790 da un decreto riguardante gli ebrei della contea di Gorizia e Gradisca. Solo all'epoca della dominazione francese però agli ebrei goriziani vennero riconosciuti tutti i diritti civili e il ghetto venne abolito. Al ritorno dell'Austria, i diritti acquisiti vennero confermati.

Fino ad allora gli ebrei goriziani erano stati mercanti, imprenditori legati alla produzione della seta e prestatori su pegno. Con l'emancipazione parteciparono a pieno titolo a tutti gli aspetti della vita della città. Pur non essendo molti (non superarono mai le 300 persone) costituirono un elemento importante nel tessuto sociale cittadino, dando impulso alla borghesia goriziana. A differenza degli ebrei degli altri territori dell'impero austriaco, fedeli alla casa regnante, aderirono quasi tutti all'idea nazionale italiana, prendendo parte ai circoli irredentisti insieme alla borghesia cittadina, laica e liberale, con la quale l'assimilazione e l'integrazione fu presto completa.

Solo nel 1938, con l’emanazione delle leggi razziali, la situazione cambiò, e divenne tragica durante l'occupazione nazista, quando nella notte del 23 novembre 1943 furono arrestati e deportati ad Auschwitz tutti gli ebrei (soprattutto anziani, donne, ragazzi) rimasti in città. Pochissimi tornarono dai campi di sterminio. Nel 1969 gli ebrei goriziani si unirono alla Comunità di Trieste, e dal 1978 la sinagoga appartiene al Comune di Gorizia.

LASINAGOGA: VEDI PAGINA APPOSITA

La sinagoga, di rito askenazita, fu costruita nel 1756. Nel 1894 le case che la separavano dall'asse stradale furono abbattute e venne realizzato un cortile d'accesso preceduto da un alto frontone, con alla sommità le tavole dei dieci comandamenti in caratteri ebraici.Il risanamento del quartiere avviato dopo la seconda guerra mondiale, con la demolizione di edifici degradati e la realizzazione di nuove case, diede un nuovo aspetto alla sinagoga, che si trovò isolata dalle costruzioni adiacenti, con le quali aveva in precedenza costituito un fronte unico sulla via Ascoli. Si entra attraverso il cortile dove una lapide ricorda gli ebrei goriziani deportati dai nazisti nel 1943. Accanto c’è una menorah stilizzata, il candelabro simbolo dell'ebraismo, opera di Simon Benetton. Al pianterreno, nell'ampio atrio dal soffitto a volte, si trova il museo “Gerusalemme sull’Isonzo”. Da qui si sale al tempio attraverso uno scalone. Alle pareti, diverse lapidi ricordano esponenti della comunità.  La sala della sinagoga, che ha mantenuto inalterata la struttura settecentesca, è sovrastata da un matroneo ligneo a balconata. La sala è illuminata da ampie finestre e da due lampadari in ferro battuto. Il tabernacolo (Aron ha-kodesh) con quattro colonne tortili in marmo nero è preceduto da una bella balaustra settecentesca in ferro battuto e dorato, opera di Martin Geist da Bamberga. All'interno dell'Aron si trova il rotolo delle Sacre Scritture (Torah). Di fronte c'è la Tevah, una pedana rialzata dove prende posto chi legge la Torah nel corso della funzione religiosa.

IL MUSEO GERUSALEMME SULL'ISONZO: VEDI PAGINA APPOSITA

Nel museo della sinagoga viene illustrata la storia del popolo di Israele, dai tempi biblici alla diaspora, con la descrizione dei riti e delle celebrazioni, della vita quotidiana, delle principali feste religiose. È dedicato ampio spazio alla storia della comunità ebraica goriziana: il primo insediamento ebraico in epoca medioevale, l'istituzione del ghetto nel 1696, i pregiudizi nei confronti degli ebrei, la “patente di tolleranza” di Giuseppe II, l'emancipazione, la vita economica e sociale, l'irredentismo, il sionismo, la deportazione. Vengono poi presentati alcuni personaggi rappresentativi del contributo che gli ebrei goriziani diedero alla vita sociale e culturale della città: i rabbini Abramo Vita Reggio e Isacco Samuele Reggio, il glottologo Graziadio Isaia Ascoli, la giornalista Carolina Luzzatto, il filosofo Carlo Michelstaedter, il giornalista Enrico Rocca, il pittore Vittorio Bolaffio. Uno spazio espositivo è riservato all'oggettistica rituale e alle testimonianze relative all'Olocausto. Di particolare effetto le due tavole apparecchiate dedicate al sabato e alla cena pasquale (seder) e il muro riproducente alcuni graffiti della Risiera di San Sabba, accanto al quale è riportato il lungo elenco dei nomi degli ebrei residenti o arrestati a Gorizia deportati e uccisi nei campi di sterminio. Una sezione del museo è dedicata a Carlo Michelstaedter (1887-1910), con l'esposizione permanente delle più significative tra le sue opere pittoriche. La saletta è corredata da un punto video che permette la proiezione di documentari e filmati su Michelstaedter. I manoscritti originali del filosofo sono invece conservati presso la Biblioteca Civica.

Il giardino Bruno Farber

A fianco della sinagoga è stato collocato il cancello settecentesco in ferro battuto proveniente dalla casa Ascoli, che si ritiene essere stato l’antico portone del ghetto, probabilmente opera del fabbro Martin Geist. Attraverso il cancello, un vialetto pedonale e una scalinata intitolata a Isacco Samuele Reggio portano alla sottostante via Brass. Qui, nel torrente Corno (oggi interrato) gli ebrei gettavano sassi, simbolo dei peccati, il giorno del capodanno ebraico, Rosh ha-Shanah. Il giardino circostante è dedicato alla memoria di Bruno Farber, il più giovane deportato di origine goriziana, ucciso ad Auschwitz all'età di 3 mesi e 19 giorni. Al suo interno è stato realizzato un percorso di “arte ambientale” rivolta ai bambini con una installazione di Emanuele Luzzati che rievoca la festa ebraica di Purim. Nel perimetro del giardino della sinagoga c’è un albero di olivo che proviene dalle colline di Gerusalemme, simbolo di pace e armonia con la natura.

Il ghetto

La via Ascoli, intitolata a Graziadio Isaia Ascoli nel 1880, conserva in gran parte immutato il suo aspetto originario. La via è stretta, le case alte, con belle cornici in pietra a portoni, porte e finestre e caratteristici balconi in ferro battuto (particolarmente belli quelli delle case ai n. 20, 14, 12 e 8). Su alcuni stipiti si vede ancora il foro rettangolare per la mezuzah, un contenitore in cui si trova un rotolo di pergamena con un versetto biblico e che caratterizza le case degli ebrei osservanti. Di fronte alla sinagoga si trovano la casa n. 16b con lunetta in ferro battuto  (data 1808) e la n. 16a con foro di mezuzah. Accanto, sempre sulla sinistra della via, la casa n. 14 con un bel balcone e la n. 12 (bel balcone, cornice della porta con decorazioni e foro di mezuzah).

Sulla destra, la casa a fianco del cancello, oggi ridotta a pochi ruderi, era un tempo sede della scuola ebraica. Vi nacque il pittore Vittorio Bolaffio (1883-1931); sue opere sono conservate nella Pinacoteca dei Musei Provinciali. Sempre sulla destra, la casa n. 7 dove si trovava nel 1766 il  laboratorio per la filatura della seta di Lazzaro Norsa, con la torcitrice a 144 fuselli attualmente esposta ai Musei Provinciali. A sinistra, la casa al n. 8, con balcone in ferro battuto, e al n. 4, con data ebraica, secondo cui gli anni vengono contati dalla creazione del mondo, sul portone: 5564 (1804). All'interno si trova ancora la cassaforte della ditta Jona, la cui ricchezza aveva causato il detto popolare: “credi che abbia la cassa del Jona?”. Sulla destra, al n. 1 si trova casa Ascoli, oggi sede della Soprintendenza alle belle arti. Qui nacque il glottologo Graziadio Isaia Ascoli (1829-1907), senatore del Regno d'Italia. Una lapide in suo onore è murata sulla facciata della casa. Si prosegue, superando il sito dove si trovava l'antico portone del ghetto con la lapide che ne rievocava l'istituzione, e si raggiunge via San Giovanni, dove sulla destra, al n. 7, c’è la casa Senigaglia, con la data 1812 e il monogramma I.S. sul balcone (iniziali del commerciante Jacob Senigaglia).

Il centro storico e la Cocevia

Si svolta a sinistra per via Seminario e quindi a destra per via Arcivescovado: nella casa al n. 21 abitava Carolina Luzzatto (1837-1919), giornalista e appassionata irredentista, una delle prime donne direttrice di giornale. Sulla casa c'è una lapide che la ricorda. Si prosegue e si arriva in piazza della Vittoria, dove vivevano e lavoravano molti ebrei. Una lapide sulla facciata del n. 8 (sulla destra) ricorda il più celebre tra loro, il filosofo Carlo Michelstaedter (1887-1910), che in questa casa nacque e morì. Costeggiando la piazza sul lato sinistro e proseguendo sempre dritti si arriva in via Rastello (strada pedonale) dove fra Otto e Novecento si trovavano diversi esercizi commerciali e professionali gestiti da famiglie ebree: Pincherle, Michelstaedter, Rosenbaum. Sulla sinistra di via Rastello si apre la stretta stradina chiamata Cocevia, dove si trovava nel Medioevo il primo insediamento ebraico, con una “ciasa das abreos” (casa degli ebrei): un oratorio dove avevano luogo le funzioni religiose. Legata alla presenza ebraica è anche la “casa Sticsa”, al n. 39-43 di via Rastello, realizzata all’inizio del Novecento su progetto dell'architetto Girolamo Luzzatto. La via Rastello termina in piazza Cavour, dove nel 1316 abitava il primo ebreo citato in un documento goriziano, un certo Bonissachus o Bonifacio.           

La statua di Michelstaedter

E proprio nello slargo in cui l'antichissima via Rastello sfocia in piazza Cavour, in prossimità della salita del Castello, il Comune di Gorizia, su proposta dell'allora assessore alla cultura Antonio Devetag, ha collocato una bella statua di bronzo in dimensioni naturali di Carlo Michelstaedter, realizzata dalla prestigiosa Fonderia Bonvicini di Verona ed installata il 3 novembre 2010 nel quadro delle iniziative per il centenario della morte del filosofo. La statua, meta del pellegrinaggio dei tanti estimatori di questo straordinario personaggio, è l'omaggio della città di Gorizia a quella che è forse la sua più illustre personalità.

Il cimitero di Valdirose

Si lascia sulla sinistra la salita verso il castello, si fanno un paio di passi a destra e poi ci si avvia a sinistra costeggiando la piazza Cavour e la piazza sant’Antonio. Si imbocca quindi via d’Alviano, sulla sinistra, e la si percorre interamente fino al piazzale della Casarossa per raggiungere il suggestivo cimitero di Valdirose (oggi Rožna dolina), in territorio sloveno, situato poche decine di metri oltre l’incrocio successivo al valico, lungo la Vipavška cesta.Vicino al cimitero (detto in ebraico Bet Hayyim, casa dei viventi) si trova la cappella mortuaria, oggi adibita ad altro uso, realizzata all'inizio del Novecento. Il cimitero è delimitato da un muro (di recente fattura) e costeggiato dal torrente Vertoibizza. Al suo interno il visitatore è come trasportato fuori dal tempo, nonostante il luogo sia situato nelle adiacenze di diverse strutture viarie e confinarie. Il cimitero, documentato nell’area della Valdirose già alla fine del Seicento, fu spostato nella sede attuale da un sito più a monte nella prima metà dell’Ottocento, e non è più in uso dal 1947. È stato conservato intatto, se si esclude il degrado causato dal trascorrere del tempo. La manutenzione è curata dal Comune di Nova Gorica. Le tombe sono rivolte a oriente, in direzione di Gerusalemme. Entrando nel cimitero dall'ingresso principale ci si trova dal lato posteriore delle lapidi. Se invece si costeggia esternamente il perimetro del cimitero e si entra dall'ingresso secondario, che si raggiunge seguendo un sentiero che attraversa un orto, se ne può avere una visione frontale.Le lapidi sono in pietra locale; soprattutto nella zona più antica del cimitero, quella posta ad est, sono in prevalenza del tipo cosiddetto "a stele" (askenazita), con iscrizioni in caratteri ebraici quadrangolari. Nella zona a ovest si trovano diverse tombe di tipo monumentale e "a cassone". Le lapidi più antiche recano l'iscrizione in caratteri ebraici, mentre gli epitaffi di quelle più recenti sono generalmente bilingui (in ebraico e italiano, alcune in ebraico e tedesco). Una particolarità è costituita da una lapide "a turbante", di probabile derivazione sefardita. Sulle pietre tombali si trova spesso un simbolo che richiama la famiglia o le virtù del sepolto. Due mani benedicenti indicano un sacerdote (Coen); una brocca da cui si versa acqua è il simbolo dei Levi, un cetaceo dalla cui bocca esce un uomo dei Morpurgo; un libro o il rotolo della Torah contraddistingue la tomba di un dotto. Vicino all'ingresso principale del cimitero, come è uso per le tombe dei rabbini,  si trova la tomba di Isacco Samuele Reggio. Sotto i due alti cipressi c’è la piccola lapide di Carlo Michelstaedter, mentre sul lato sud, tra due piccoli alberi, si nota la tomba del protomedico Aronne Luzzatto. La sepoltura di Carolina Luzzatto è vicino al cancello posteriore. Nel cimitero si trovano (più o meno visibili, in diverse condizioni di conservazione e di leggibilità) oltre 900 lapidi: una del Trecento, due del Quattrocento, due del Seicento, sedici del Settecento e dei primi decenni dell'Ottocento, le altre dal 1829 in poi. Ascoli, Bolaffio, Rocca e altri illustri goriziani sono sepolti altrove. I lavori di riqualificazione del cimitero ebraico eseguiti nel 2010 consentono ora un agevole accesso al cimitero dalla vicina pista ciclabile. Il nuovo percorso è costituito da una pavimentazione con finiture in acciottolato annegato nel massetto in cemento, affiancata da una fila di cipressi. A collegamento con il cancello d’ingresso è stato realizzato un simbolico ponte in legno soprastante un piccolo ruscello affluente la Vertoibizza. A completamento dell’intervento, che ha incluso un lavamani in ferro all’interno del cimitero, è stato posto un totem con pannello informativo plurilingue con cenni storici sulla comunità ebraica goriziana e la localizzazione di sepolture di alcune personalità illustri. Il contemporaneo restauro conservativo della lapide sepolcrale di Carlo Michelstaedter e il riordino di altre sei lapidi, facente parte dello stesso progetto, ha permesso di ridare dignità all’area dove si trovano le sepolture della famiglia Michelstaedter. Gli interventi, attuati dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia per il centenario dalla morte di Carlo Michelstaedter con il coinvolgimento del Comune di Nova Gorica e della Comunità Ebraica di Trieste, sono stati realizzati a cura rispettivamente dell’architetto Giorgio Picotti e della dottoressa Greta Schonhaut restauratrice della ACR arte cultura e restauro srl. L’itinerario collega e riunisce idealmente i due luoghi simbolo dell’ebraismo goriziano, la sinagoga e il cimitero, che erano stati separati nel 1947, dopo la seconda guerra mondiale, quando il trattato di pace divise il territorio goriziano tra Italia e Jugoslavia. Gli itinerari tematici transfrontalieri ripropongono l’unità storico-culturale dell’area.

L’itinerario proposto è pedonale, ma è anche possibile visitare la sinagoga, il museo e il ghetto, spostarsi in automobile fino a piazza della Vittoria e fare una sosta in Cocevia, e quindi raggiungere in auto il cimitero di Valdirose.

 

Accessi ai luoghi e informazioni utili

Partenza: Sinagoga (I)

Arrivo: Cimitero (SLO)

Parcheggio: vicino alla sinagoga (via Ascoli, via Brass) e vicino al cimitero

Distanza: 2,5 km.

Tempo: 3 ore (comprese le visite alla sinagoga e al cimitero)

Sinagoga e museo ebraico:

Orario                         martedì e giovedì dalle 17.00 alle 19.00

                                   2ª domenica del mese dalle 10.00 alle 13.00

L’ingresso è libero.

Apertura e visite a cura dell’Associazione Amici di Israele di Gorizia (ass_israele_go@yahoo.it)

Visite guidate a richiesta anche in orari diversi (tel 0481.532115 o 0481.33226)

Sono a disposizione di non vedenti e ipovedenti materiali predisposti per la visita della sinagoga (plastico, mappe tattili, guida in braille, audiocassetta) forniti dal Centro didattico pre-professionale dell'Associazione nazionale delle famiglie dei minori con problemi di vista.

Sinagoga di Gorizia

via G. I. Ascoli, 19

34170 GORIZIA

tel. 0481.532115

fax 0481.522056

 

Cimitero ebraico:

Il cimitero è aperto dal mattino alla sera, tutti i giorni. L’ingresso è libero.

Non è necessario esibire i documenti per passare da uno Stato all’altro dell’Unione Europea. È opportuno avere con sè un documento d’identità e, se si è in macchina, ricordarsi di seguire la legislazione vigente: tenere accese le luci anabbaglianti e avere in vettura la carta verde e una cassetta di pronto soccorso.

 

Da: Itinerario ebraico. Sulle tracce di Michelstaedter. Cura e redazione testi Antonella Gallarotti. Gorizia, Il Comune, 2010.

Una prima versione dell’Itinerario ebraico è stata pubblicata come una delle “Guide del Millenario” nel 2001 nell’ambito del programma comunitario Interreg II.

Una più dettagliata descrizione dei luoghi ebraici goriziani si può trovare nella guida Gerusalemme sull’Isonzo. Sinagoga, museo, itinerari ebraici goriziani. A cura di Antonella Gallarotti, Maria Elisabetta Loricchio. Mariano del Friuli, Edizioni della Laguna, 2006.

 

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