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EMILIO CRAVOS, MORTO PER GRIDARE VIVA L'ITALIA
Il 2 novembre un mazzo di garofani rossi ravviva una delle tombe più vecchie del cimitero di Gorizia, quella dove riposano le spoglie di Emilio Cravos, "vissuto del suo lavoro da umile popolano / morto da eroe sotto il piombo austriaco", come è scritto sulla pietra tombale. Un'erma nel Parco della Rimembranza e una lapide nel Palazzo Municipale ricordano che venne fucilato "per troppo amore all'Italia". Il suo troppo amore si espresse in parole, certo sincere, probabilmente avventate, forse - qualcuno disse - dettate dal vino, pronunciate la sera del 15 novembre 1915, nell'osteria Tausani in Piazza Grande, mentre Gorizia era cannoneggiata dall'esercito italiano che Emilio Cravos non considerava nemico.
Un irredentista? Più semplicemente, un goriziano italiano. "Mi son nato italian, son cressudo italian, morirò italian", disse quella sera. L'unica manifestazione politica a cui risulta abbia partecipato fu quella tenuta a Graz per chiedere l'istituzione di una università italiana a Trieste. Allo scoppio della guerra non sconfinò per arruolarsi, ma fu tra i goriziani che lasciarono la città bombardata. Non sopportava però la vita da profugo, e tornò a Gorizia - per morirvi. L'esatta sequenza dei fatti non è certa. Forse Cravos entrò dicendo "buona sera" e un ufficiale lo rimbeccò "qui non si parla italiano"; forse un altro avventore brindò "viva l'Italia" e Cravos lo imitò. I militari austriaci presenti replicarono "morte all'Italia", e la risposta di Emilio Cravos fu "evviva l'Italia - morte all'Austria - merda all'Austria". Fu arrestato e processato per alto tradimento, reo di aver cercato di "eccitare al disprezzo contro il nesso unitario statale della Monarchia austro-ungarica". Alcuni testimoni deposero a suo favore, ma la testimonianza di due militari, Mate Eterovic e Ivan Stipicic, fu determinante per la sua condanna a morte. Aveva trentacinque anni: era nato nel 1880.
Venne fucilato il 17 novembre. I goriziani rimasti in città lo videro passare lungo le strade. Lucia Bortolotti riportò nel suo diario: "la compagnia di soldati, che si trovavano dal Marega, è passata in questo momento con in testa l'ufficiale che stava da noi, Bokros. In mezzo a loro è il Cravos, quello che vende in piazza. Lo menano alla morte. Lo fucileranno sulla Vertoibizza. Dietro di lui vanno quattro soldati con le zappe per scavargli la fossa. È stato arrestato due giorni fa. Non voglio scrivere altro." Altri testimoni riferirono che lungo la strada il gruppo evitò per poco una bomba lanciata da un aereo italiano ("Pecà, la doveva mandarve in ramengo!" disse Cravos) e che l'ufficiale gli propose ripetutamente di aver salva la vita in cambio dei nomi di capi irredentisti, ricevendo come risposta "no! e femo presto! " Cadde sotto le pallottole alle 17.15, a Valdirose, appena oltre la Casarossa. Successivamente, venne dato il suo nome alla strada che corre lungo la linea di confine sulla destra del valico, a pochi metri dal luogo della fucilazione.
ANTONELLA GALLAROTTI