ORGOGLIO GORIZIANO, QUATTRO INCONTRI IN SALA DORA BASSI

LA PRESA DI GORIZIA

Gorizia Santa, Gorizia Maledetta: la città subisce da un secolo lo stesso luogo comune che in tempi i più machisti dei maschilisti usavano per le donne: o santa o puttana. Nè una nè l'altra ovviamente. La guerra 15-18 è diventata, nel centenario, semplicemente l'inutile carneficina: un giudizio che sta bene anche riferito  alla guerra del Pelopponeso, alla guerra di Troia, alle Guerre puniche, alle Guerre napoleoniche. La morte di un uomo solo è di per sè una perdita irrimediabile, figurarsi quella di centomila:perchè tanti ne morirono per prendere Gorizia. Ma oggettivare la Prima guerra mondiale significa spogliarsi dalle simpatie politiche, immergersi nella atmosfera dell’epoca, che viveva di forti nazionalismi non solo in Italia ma in tutta Europa. La storia spingeva verso la dissoluzione di una creatura multicefala, autocratica e aristocratica, che aveva fatto il suo tempo, ovvero l’Impero degli Asburgo. Oggi molti lo rimpiangono, ma i popoli ad esso soggetti a quel tempo sembrava di essere al guinzaglio di un padrone e se ne vollero liberare. L’Austria Ungheria iniziò il grande massacro : la scusa era di lavare l’onta di Sarajevo.  Ad essa si unirono la Germania del Kaiser e l’Impero Ottomano, non proprio esempi di democrazia e di tolleranza : qualcuno ricorda il massacro degli armeni? Lo smarrimento è tale che come succede spesso in Italia l'oggetto del contendere, che dovrebbe un secolo dopo essere "storicizzato" è, con banale cinismo, usato per far prevalere una o l'altra ideologia, settore conventicola, sopratutto nella nostra regione.  Gopolis pubblica la sagra di Santa Gorizia di V. Locchi e fornisce il link per ascoltare  - con bellissime immagini - Gorizia tu sei maledetta. Ognuno si faccia un'opinione.  
 
La Sagra di Santa Gorizia di Vittorio Locchi 
 
Era tutto un arcobaleno
la cupola d'aria del Carso.
Brillavano le petraie
come ossami calcinati;
lontano l'Alpi Giulie
parevano domi incantanti.
Tutti i monti più alti
si levavano il mantello bianco
e si scaldavano al sole,
mentre il vento co' i semi
passava per seminare.
Laggiù, nel piano, distante,
bianco e lucente il mare
era come una lancia
caduta a un lanciere gigante,
come ci son nelle fiabe.
E se il Calvario
non fioriva, se non fioriva
il Carso, sempre in tormento
sotto la furia dei colpi,
ci fiorivano tutti i cuori
seminati dalla speranza.
Si diceva: « Si va:
questa volta si va davvero!
Salteremo l'lsonzo
come caprioli;
chi ci terrà
quando sarà l'ora?
Tutti vogliamo esser primi
a baciare il manto celeste
di Santa Gorizia...
 
Chi dette il segnale?
Tutti i settori tacevano...
ed ecco sonare lo stormo.
Cominciarono le bombarde
con abbai, con rugli, con schianti.
Sbucavano dappertutto
coll'ali sui torsi pesanti;
traballavano in aria,
e poi giù, strepitando,
a divorar le trincere;
a stritolare i sassi,
a fondere i reticolati.
Uomini e melma,
ferri e pietre,
tutto tritavano, urlando,
tutto rimescolavano,
sfrangendo e pestando
come dentro le madie
gigantesche delle doline
impastassero il pane
della vittoria
per la fame del fante.
E il fante aveva fame:
fame di terra del Carso
più buona della pagnotta,
impastata di sangue,
cotta dalle granate,
benedetta dai fratelli
caduti colla bocca avanti
per baciarla morendo.
 
Notte del 7 agosto
chi ti dimenticherà?
Che numero aveva il reggimento
fra cui passai nella notte
balenante, lungo la strada
bianca di Gorizia?
Tutti cantavano, i fanti,
stesi lungo i due cigli,
come ragazzi presi
da un'indicibile gioia.
Passò uno squadrone
al trotto, colle lance basse
basse, e tutti tra risa
e grida gli cantarono,
facendogli ala,
colle mani per trombe,
la fanfara,
come matti ragazzi
che uscissero da scuola.
 
E venne l'ordine di avanzare.
L'ombre nere si levarono
dai Iati della strada,
i lampi illuminarono
la selva dei fucili;
e il reggimento si sparse
pei campi come un volo
d'uccelli
verso l'aurora.
VITTORIO LOCCHI
 
PER GORIZIA TU SEI MALEDETTA: VEDI QUI SOTTO
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