ORGOGLIO GORIZIANO, QUATTRO INCONTRI IN SALA DORA BASSI

REGIONE SENZA IDENTITA’: GORIZIA VA UMILIATA

17.10.2015 16:48

 

L’identità di un luogo, di una città di una regione non è un lusso o uno strologo da intellettuali ma il cardine di ogni progetto di sviluppo concepito secondo vocazioni economiche reali, secondo disegni di alta politica e secondo i canoni della nostra civiltà, vale a dire democratico e quindi partecipativo. La questione dei Musei provinciali , testimonianza plastica dell’identità goriziana, della sua storia, della sua “anima”, diventa quanto mai attuale nella confusione che sta travolgendo il Friuli Venezia Giulia. Una regione alla quale le baruffe tra Trieste e Udine, ciarliero trampolino di effimere carriere politiche, hanno strappato qualsiasi identità, insieme all’orgoglio che deriva da possederne una; una regione che non trova, per la profonda inettitudine delle sue classi dirigenti a trovare le ragioni della sua esistenza, che pur esistono e sono profonde, interessanti e complesse nella loro estrema atipicità. Una regione piegata al gioco delle parti e dei partiti, già condannata non soltanto alla perdita della propria specialità, ma della sua stessa esistenza, affogata nella maxiregione del Nordest.

Della fuffa mediatica che sta tracimando in FVG a Roma si fregano le mani: una regione in cui nessuno va d’accordo con il vicino non ha ragione d’esistere. Gorizia non conta nulla e viene tenuta volutamente in uno stato di emergenza continua per le vicende degli immigrati e per i tagli scandalosi alla sua pubblica sanità. Intanto si compie un delitto meno appariscente, che di fonte alle tragedie epocali sembra poca cosa: le si vuol rubare la storia, la cultura, l’arte insieme alla gestione e la proprietà dei Musei provinciali. Le si vuol rubare la sua complessa identità così fastidiosa in un panorama in cui le quattro province – bene o male retaggio storico e identificazione collettiva – vengono sostituite con le “Uti”, improbabile invenzione dell’assessore Panontin e di qualche ufficio regionale. L’impronta di queste nuove istituzioni, già contestate pesantemente, sono le vecchie Asl, territori inventati per dislocare ospedali, distribuire ricette, quando capita salvare pazienti. Diciassette miniprovince, entità fantasmatiche e, come il nuovo senato della repubblica italiana, non elettive, ma guidate da un superburocrate, una sorta di Potestà nominato da chi detiene il potere. Ci si prepara alla frantumazione della Regione Friuli Venezia Giulia: Gorizia come sempre fa da cavia per l’esperimento d’eutanasia democratica. La Serracchiani invece di chiedere come ha fatto ai goriziani cosa vogliono fare da grandi dovrebbe spiegare cosa sarà da qui a due anni della “sua” Regione a Statuto Speciale.

Avrete notato che Gorizia è l’innominata e l’innominabile nella trentennale querelle che oppone Trieste e il Friuli. Perché oggi non è più neppure capoluogo di provincia; perchè Gorizia richiama, pur nella sua modesta congiuntura attuale, la radice stessa della specialità regionale, il collante, le ragioni forti della sua esistenza. Perché non ha voce. Sullo sfondo della pantomima inscenata dai sedicenti “autonomisti” contro l’unica autonomia da noi conquistata, quella della Regione, Gorizia è buco nero, terra morta da razziare fino all’osso, portandole via l’unica cosa che le resta, la sua storia, la sua identità, la sua cultura fatta a pezzettini, con la gestione dei Musei provinciali che a meno di una forte presa di posizione dei suoi rappresentanti rischia di finire in mano alla Regione, in prospettiva di sparire nella Grande regione del Nordest. Insieme alle sue prospettive, al suo "turismo culturale", di cui si ciancia quasi sempre a vanvera, al suo diritto all’autodeterminazione.

ANTONIO DEVETAG - GOPOLIS

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