CULTURA&TURISMO QUINTA PUNTATA
Il castello? Il suo borgo? L’Isonzo? I Musei provinciali? I cosiddetti grandi eventi di cui abbiamo parlato? comparto ristorativo? L’enogastronomia? Fondazione Coronini? Le memorie della Prima Guerra? I tesori nascostissimi come quello di Aquileia? Ma ciò che serve a Gorizia è di considerarla, come fanno tutte le altre città, un organismo unico, da valorizzare nel suo complesso. Abbiamo ascoltato per circa un secolo il mantra delle particolarità goriziane, che come una coperta d’inverno, ognuno tirava dalla sua parte, quasi sempre per interessi politici se non puramente elettoralistici. Le peculiarità goriziane nascono dal fatto di essere stata – SEMPRE -una città di confine e quindi di aver assorbito nel più profondo del suo essere l’anima e la carne delle tre principali civiltà europee, latina slava e germanica. Ma questo immenso privilegio culturale storico e civile è stato gettato al vento per due ordini di motivi. Il primo interno e più sgradevole per la scarsa lungimiranza dei governanti e di una classe dirigente non sempre all’altezza del compito. Il secondo per motivi esterni: Gorizia è stata costretta, in ambito regionale, a fare il vaso di coccio tra vasi di ferro (Udine e Trieste) due città, o meglio due territori sempre in grado di fare intelligentemente lobby a proprio vantaggio. Gorizia seguiva, ubbidiente. Altra polItica, altra classe.
Un'altra cosa: la storia di Gorizia è stata soprattutto narrazione (ovvero interpretazione) quasi sempre di mediocre spessore. Piuttosto arma politica che ognuno affilava a sostegno della propria tesi. Qui l’aneddotica è infinita e perfino comica, si va dal macero di cataloghi -stile kristallnacht -delle mostre del centrodestra realizzate da studiosi di sinistra - vedi 2002.2007- all’annullamento di iniziative pregevoli già approvate, in perfetto stile Tafazzi. Sono convinto che il Novecento è stato il secolo della morte di quella Goritia Felix che nel bene e nel male era stata sempre una città interessante, capace di creare grandi personaggi, cultura e stile, piuttosto che mutuarli pedissequamente da entita' superne, siano state esse rigidamente ideologiche oppure di ordine curiale. La grande contraddizione goriziana e' stata quella appunto di aver sempre giocato le sue carte sul “particolare”, su una sola conventicola che organizzava un evento, su una sola istituzione che organizzava una mostra, su una sola associazione musicale che organizzava il suo festival, senza riuscire MAI a collaborare con chi faceva lo stesso lavoro o coltivava la stessa passione, senza riuscire MAI a dare un’immagine esterna complessiva della città, delle sue peculiarità che sono tante e pregevoli. Una parcellizzazione del pensiero che e' diventata frammentazione identitaria fino alla teorizzazione del concetto: NON CITTA' E' GORIZIA MA INSIEME DI BORGHI.
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Esempio concreto. La Coronini Cronberg costituisce un patrimonio inespresso della nostra città, che solo se fortemente inserita in un discorso sinergico può dispiegare le sue potenzialità, che sono tante. Non si tratta di fare qualche mostra, anche se interessante, di prestare spazi peraltro magnifici ad associazioni cittadine: si tratta di rinunciare a una fetta della propria autonomia gestionale in nome del bene superiore della città e quindi accettare una gestione collegiale che veda riunite le altre strutture museali. Non è più soltanto un pio desiderio: è una improcrastinabile necessità, di fronte alla quale cade qualsiasi discorso di implementazione del turismo goriziano.
ANTONIO DEVETAG